Era il 1992 ed eravamo in piena Robin Hood Mania (non che sia mai finita…).
Colpa di Robin Hood Principe dei Ladri, che avrebbe motivato i viaggi delle due estati successive, e di un video gioco per DOS intitolato The Adventures of Robin Hood, più sulla falsariga di Robin of Sherwood che di altre trasposizioni della leggenda.
La grafica non era il massimo, la traduzione uno spasso e la storia abbastanza semplice: lo sceriffo arriva, caccia Robin dal castello e si impossessa di tutti i suoi beni. Robin dovrà fare a pugni con John, intortare Lady Marian, salvare Scarlet (uno a caso) dall’impiccagione, ballare con Alan-a-Dale (la quadriglia di Alan resterà un tormentone a lungo), parlare con Herne, cercare di non farsi murare vivo dai frati che nel frattempo continuavano a costruire imperterriti l’abbazia… prima di arrivare a poter uccidere finalmente lo Sceriffo, ma solo dopo essere diventato abbastanza popolare però!
Uccidere lo Sceriffo senza essere popolari portava al linciaggio da parte del popolo e a morire più da villani che da eroi.
Dopo essere stato cacciato dal castello, le prime parole di Robin erano “Sono io. Sono depresso. E’ ora di muovere le gambe…” diventate ben presto una sorta di mantra quando le cose non andavano per il verso giusto.
Ora… cosa può interessare a voi tutto questo preambolo, a parte avermi fatto parlare di cari vecchi ricordi?
Solo che, dopo aver preso i biglietti con mesi di anticipo ed aver trovato per questo ottime postazioni, la mia spalla ha deciso di abbandonarmi proprio pochi giorni prima della data fatidica e che, bloccata a casa dal coprifuoco della malattia, non sono potuta andare a San Siro per Italia – Nuova Zelanda.
Fortunatamente Kalligalenos e il Trikeko sono riuscite a trovare una valida sostituzione in SoldierBlue e, sfidando il freddo e i mezzi pubblici milanesi, si sono potute godere una bella partita.
In attesa i vedere le foto scattate dalle tre eroine, vi consiglio di andare sul sito Image Factory, dove sono presenti non solo le immagini collegate a questa partita, ma a buona parte degli incontri della Nazionale in patria.
Ovviamente in gioco in questo periodo non c’è solo la Nazionale italiana, ma anche quella francese.
Non sono riuscita ancora a trovare molte foto, ma sul Blog di Elodie potete trovare le foto dell’allenamento del XV di Francia… inutile dire che trovere qualche faccia conosciuta.
A questo punto non potevo lasciarvi senza nulla della Scozia… nel video la prestazione di Sean Lamont, in squadra col fratello Rory, mentre placca Napoleoni Nalaga… cosa non proprio facile, conoscendolo.
GULP! A me Sean fa un po’ paura. Ma dove ha imparato a placcare così?
Dimenticavo… HEY FO!
Accipicchia! A furia di frequentare i diavoli “scarlatti” del Galles è diventato una furia anche Sean… Il suo placcaggio assomiglia tanto a quelli di Mauro!
I Lamont l’avevo già notati non per i laccaggi ma per le loro doti fisiche. Oggi dopo la partita con il Sud Africa ho avuto una discussione con persone che dicevano che il regby è solo forza e nient’altro, io ho replicato come potevo ma vorrei da voi una replica più tecnica da dare mi aiutate
@Trikeko… come dice Kalligalenos, sta imparando bene lo stile dai gallesi…
@Trikeko 2… “sento le campane del cimitero cristiano suonare, un funerale sta avendo luogo”… speriamo non sia una premonizione per la prossima partita.
Dopo la sconfitta di ieri i samoani saranno d’un ****
@Kalligalenos… che uomo…
@Paola… effettivamente il Lamont grande si fa notare per doti non troppo nascoste. Non abbiamo mai avuto modo di controllare se il lamontino abbia avuto in eredità la stessa dotazione, ma a guardare altri scozzesi, potrebbe essere.
Quanto alla domanda… dobbiamo meditare un po’… la forza bruta c’è, ma anche velocità e tattica e prontezza di spirito, spesso tutto riunito nello stesso giocatore, giocatore che può essere un giagante di due metri o un tappo di un metro e 70.
Se ci viene una battuta più ironica come risposta, te la passiamo.
Non sono così informato come le Divin 3 Furie Ovalische, ma provo a risponderti con l’aiuto di Wikipedia, e con il ricordo di trascorsi cestistici alquanto dilettanteschi.
Il Rugby viene definito uno sport di contatto e di situazione. Contatto perché il confronto fisico tra i giocatori è una costante del gioco. Invece, di situazione poichè nell’evoluzione di questo sport sta diventando sempre più importante la capacità di comprendere il contesto momentaneo, in cui ogni fase della partita si sviluppa concretamente. Ergo, nel rugby moderno è fondamentale la capacità x ogni giocatore di adattarsi a qualsiasi posizione in campo, ed a qualsiasi fase di gioco (per farti un paragone calcistico, è un po’ come il ‘calcio ‘totale’ praticato dall’Olanda di Cruijff).
Quanto appena espresso comporta, per ogni atleta, una buona preparazione fisica, ma anche tattica.
Tornando alla partita di ieri, la nostra unica meta è stata un gioiellino di schema di gioco, con una doppia finta ad ingannare il muro verde-oro, ed il nostro Garcia che si infilava verso la meta. Dunque, agilità ed astuzia, associate a forza fisica.
Per assurdo, ritenendo il rugby sport solo fatto di forza, si potrebbe allora etichettare il basket come sport solo fatto di buona mira… Invece, come in tutti gli sport di squadra, vi sono schemi ed impostazioni (oltre a blocchi, taglia-fuori, gomiti sui denti avversari, ecc. ecc.) fondamentali per consentire al tiratore di avere la migliore soluzione possibile x centrare il canestro.
Da assiduo tifoso calcistico (con adorazione assoluta per le Signore bicromatiche) concludo con un aforisma di Henry Blaha, anche questo estrapolato da Wikipedia:
« Il rugby è un gioco bestiale giocato da gentiluomini, il calcio è uno sport da gentiluomini giocato dalle bestie, il football (americano) è uno sport bestiale giocato dalle bestie »
Comunque, anche nel terzo caso, gli schemi sono sempre fondamentali e determinanti per ottenere qualsiasi risultato!!!
Wow… hai studiato!
Quella del basket come sport con una buona mira non è male… per me potrebbe essere usata come risposta secca.
Doppio WOW… sembra che tu abbia lasciato senza parole la nostra Ovalisca Maxima.
Io segnerei la data sul calendario!
Evito di commentare la battuta sarcastica di Taksya (comunque è vero: dopo aver letto la risposta di Efesto sono rimasta ammutolita!) e offro a Paola un’altra risposta-citazione, questa volta di Paolini: “il calcio sta al rugby come la Seconda sta alla Prima guerra mondiale. Una è fatta di rapidità, blitz, attacchi a sorpresa; l’altra è solo terra, terra, terra. Da conquistare, un metro dopo l’altro. Da proteggere, un metro dopo l’altro.” Aggiungo qualche altra frase ad effetto: “Il rugby sono 14 uomini che lavorano insieme per dare al quindicesimo mezzo metro di vantaggio.” (Charlie Saxton). “La differenza tra il calcio e il rugby sta nel suono. Se entri in uno stadio di calcio, senti la gente gridare. Se entri in uno stadio di rugby, senti la gente ruggire. Proprio così: il ruggito di un gigantesco leone. Che, per me, è il suono dell’orgoglio e della felicità. Ho sentito quel ruggito a Twickenham, e anche al Flaminio.” (Caroline Devall). “Il rugby non ha regole (rules), ma leggi (laws). E il dettaglio linguistico è rivelatore dell’idea condivisa del gioco, del rapporto tra il singolo (giocatore e spettatore) e l’evento collettivo di cui è partecipe.” (Spiro Zavos). “Il rugby è stato descritto come una partita di scacchi giocata con pezzi enormi cui viene concesso di fracassarsi uno addosso all’altro.” (Spiro Zavos)
In realtà, cara Taksya, ho immediatamente provato a segnare questa data sul calendario! Purtroppo, su novembre compaiono i fratelli Lamont in kilt, e poichè Sean appare nella parte destra della foto, mi ritrovo ad avere un filotto di caselle, fino al 22, tutte occupate…!
Mah… vorra dire che dovrò ricordare l’evento a memoria, per poi trasmettere, oralmente, la leggenda del giorno in cui un Capitano riuscì ad ammutolire perfino una Dea…
Uh – Ahhh! Uh – Arghhhhhhhh!!!
Ringrazio Efesto, Kally, eTaksya delle vostre risposte, che ho recapitato agli interessati, ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.
Capitano… solo fino al 22?
Si… però si tratta dei tipici calendari scozzesi, con i quadretti in tartan, dalle dimensioni 10×10!
Sorvolerò sulla facile battuta (“le prestazioni di Lamont che ci interessano sono altre”).
Mi esprimerò con la grazia che mi è consueta sulle oggettive condizioni di svantaggio in cui si trova qualsiasi giocatore che affronti lo scozzesone. Lamont non è uno. E’ due. E sapete che quando dico ciò non sto parlando di suo fratello Rory.
…sempre che Sean non abbia ribattezzato ‘Rory’ una parte di sè, il che sarebbe abbastanza inquietante.